18 Lug 2022

L’Europa in fiamme

Cambiamenti climatici

Francia, Spagna, Portogallo e Grecia sono alle prese con numerosi incendi e ondate di caldo senza precedenti. Per gli scienziati, è l’effetto dei comportamenti umani sul clima.


Sarebbero almeno mille le morti in Portogallo e Spagna causate dal grande caldo che sta colpendo la penisola iberica e il resto del continente, dove decine di migliaia di ettari di boschi sono andati bruciati negli incendi che stanno colpendo in particolare il bacino mediterraneo. Quella della settimana scorsa è stata la seconda ondata di calore, dall’inizio dell’estate, dagli effetti devastanti, mentre da oggi sono attesi nuovi picchi sui termometri, con l’allarme degli scienziati: ondate di calore e siccità saranno sempre più frequenti. Dalla Spagna al Regno Unito, si sono registrate temperature record: anche la Bretagna è andata al di sopra i 40 gradi, mentre oltre 15mila persone sono state evacuate dal sud della Francia. Tra le ondate di calore e gli incendi che stanno divorando la macchia mediterranea si starebbe creando un circolo vizioso: il grande caldo favorisce gli incendi, che a loro volta aumentano emissioni, surriscaldando ulteriormente il pianeta. Sono gli effetti, estremi, dei cambiamenti climatici. La denuncia della scienza non lascia dubbi: l’essere umano ha aumentato i livelli di CO2 di oltre il 50% dall’inizio dell’era industriale. Mentre ancora persiste chi nega i cambiamenti climatici, il tema sembra essere svanito dall’agenda politica internazionale. 

 

 

Cosa c’entra il cambiamento climatico?

La scienza può misurare i cambiamenti delle condizioni meteo – temperatura, umidità, precipitazioni e vento – per assegnare l’indice di rischio e di incidenza degli incendi. Secondo una recente analisi del World Economic Forum, la frequenza con cui le condizioni meteo stanno cambiando sta accelerando più velocemente di quanto avessero previsto i modelli climatici. In particolare, la lunghezza della stagione calda è andata espandendosi in molte regioni del mondo sin dagli anni Ottanta: mediamente, questa stagione si è allungata del 27% a livello globale, ma gli incrementi sono stati particolarmente significativi in Amazzonia, nel Mediterraneo e nelle foreste occidentali dell’America settentrionale. Questo significa che il numero di giorni all’anno di condizioni metereologiche di caldo estremo – quando le temperature sono più alte, le precipitazioni sono più sporadiche e i venti sono in grado di alimentare un incendio – è aumentato del 54%. Ed è per questo che gli incendi difficili da contenere sono oggi più frequenti che in passato. Un maggior numero di incendi brucia la vegetazione, diminuendo la capacità del nostro pianeta di assorbire CO2 e aumentandone il rilascio nell’atmosfera. Negli ultimi cento anni, la temperatura globale è aumentata di 1,1 gradi Celsius, e stando alle previsioni entro la fine del secolo il surriscaldamento globale potrebbe registrare un aumento di 2,7°C. Tra i principali responsabili, secondo gli esperti, i metodi di sfruttamento delle risorse naturali.

 

C’è ancora chi sminuisce?

“Non c’è da preoccuparsi. Se il livello degli oceani si alza lo scenario peggiore sarà che avremo più case vista mare”. Lo ha detto uno dei principali alfieri del negazionismo dei cambiamenti climatici, Donald Trump. Ma al di là dell’ironia dell’ex presidente americano, gli USA – uno dei principali responsabili di emissioni – in questi giorni si trovano a un bivio politico: combattere il surriscaldamento globale o prevenire gli effetti dell’inflazione? È questa la domanda posta indirettamente dal senatore Dem della Virginia Occidentale Joe Manchin, che giovedì scorso ha annunciato che non avrebbe sostenuto le misure promosse dalla presidenza Biden per combattere il cambiamento climatico. Il piano del presidente USA Joe Biden prevede più tasse per le multinazionali e per i cittadini più abbienti e un maggior supporto per finanziare la transizione ecologica. Manchin invece sembra maggiormente preoccupato dagli effetti dell’inflazione, al momento al 9,1% (la più alta nel paese degli ultimi 40 anni), e avrebbe detto di voler attendere fino ad agosto per valutare l’indice del mese in corso e quindi decidere sulle sorti delle legislazioni che aumenterebbero tasse, assistenza sociale e finanziamenti contro i cambiamenti climatici. Ma il tempo, e non solo quello atmosferico, è tiranno: per soddisfare l’obiettivo promesso dal presidente di tornare al livello di emissioni del 2005 ogni mese perso allunga il percorso che separa gli USA dall’ambizioso traguardo. Gli USA di Biden sono il paese da cui sono generate le aspettative più grandi in termini ambientali. Un eventuale fallimento avrebbe effetti non solo per la politica interna americana ma soprattutto per l’agenda verde a livello internazionale.

 

Un desaparecido della politica internazionale?

Nonostante il clima incandescente, il cambiamento climatico sembra esser tornato in secondo piano. Dopo un anno in cima alle agende politiche di governi e di consessi internazionali, che avevano generato promesse (anche se non troppo ambiziose) e obiettivi condivisi, il tema pare uscito di scena, offuscato dalla crisi ucraina, divenuta la nuova priorità internazionale. Eppure, le due crisi sono interconnesse. L’invasione russa dell’Ucraina ha sconvolto i mercati energetici europei, portando i governi alla ricerca di nuovi fornitori. Il rischio è che alla transizione energetica si preferisca la sicurezza energetica. “Sembra esserci una ‘corsa all’oro’ per nuove infrastrutture di combustibile fossile. Ma una volta costruite non serviranno più solo nel breve periodo e faranno svanire gli obiettivi climatici di lungo termine”, sostiene Niklas Hohne del NewClimate Institute. In molti, infatti, criticano la scelta di alcuni governi occidentali di rimpiazzare i prodotti energetici russi col gas naturale liquefatto, la cui industria potrebbe avere gli stessi effetti dei combustibili fossili. Dall’altro lato, invece, le mutate condizioni internazionali stanno costringendo economie più vulnerabili a un ritorno al carbone.

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

 

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