29 Lug 2022

Cina-Usa: confronto su Taiwan

Il viaggio di Pelosi

Il presidente cinese ammonisce Biden su Taiwan: “Non si scherza col fuoco”. E il possibile viaggio della speaker Pelosi a Taipei preoccupa Washington.

 

Xi Jinping mette in guardia Joe Biden dal “giocare con il fuoco” su Taiwan. In un’attesa telefonata, durata più di due ore, i presidenti cinese e americano sono tornati a ribadire le rispettive posizioni su quella che Pechino considera un’assoluta ‘linea rossa’ alla luce della possibile visita sull’isola della presidente della Camera Nancy Pelosi. “Coloro che giocano con il fuoco si bruciano – ha detto il presidente cinese secondo il resoconto della telefonata pubblicato dalla stampa nazionale – Si spera che gli Stati Uniti abbiano le idee chiare su questo”. Xi ha anche esortato gli Stati Uniti ad attuare i tre comunicati congiunti che fungono da base per le relazioni tra i due paesi “sia a parole che nei fatti” puntando il dito contro la storica ‘ambiguità strategica’ adottata da Washington relativamente a Taipei. Pur non essendoci dubbi sul fatto che Taiwan costituisca il dossier più scottante nei rapporti tra i due paesi, nei comunicati ufficiali diffusi da ambo le parti non si fa alcune menzione alla visita della speaker della Camera, che parte oggi per il suo viaggio in Asia senza confermare né smentire la tappa taiwanese. Se Biden ha ribadito che la politica degli Stati Uniti di un’unica Cina non è cambiata e non cambierà, e che Washington si oppone fermamente agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo, Pechino fa notare che “entrambi i lati dello Stretto di Taiwan appartengono ad un’unica Cina” e che un riavvicinamento “è la volontà di 1,4 miliardi di cinesi”. Ma tra le righe del messaggio del leader cinese c’è scritto, chiaramente, che sul tema nessuna interferenza straniera sarà tollerata. 

 

 

Economie in affanno?

Se non nei toni, il quinto colloquio Biden-Xi presenta alcuni elementi positivi nella sostanza: i due leader hanno convenuto sulla possibilità di un incontro di persona (il primo da quando Biden è presidente) entro la fine dell’anno. Entrambi inoltre hanno mostrato l’intenzione di voler continuare a “tenere aperti i canali di comunicazione” e a collaborare se possibile, e gestire “responsabilmente le differenze di vedute”. Differenze che permangono anche su un altro fronte: quello dei dazi imposti da Donald Trump su miliardi di dollari di prodotti e che Biden non ha ancora preso la decisione di annullare, innervosendo non poco le autorità cinesi. “Considerare la Cina un competitor strategico e definirlo un rivale strategico è un errore di calcolo sulle relazioni tra Cina e Stati Uniti e un’incomprensione a proposito dello sviluppo della Cina, che ingannerà il popolo dei due Paesi e la comunità internazionale”, avrebbe detto Xi a Joe Biden, secondo il Global Times. La telefonata tra i due coincide con una congiuntura delicata per entrambe le economie: mentre la Fed aumenta nuovamente i tassi di interesse, il pil statunitense si contrae per il secondo trimestre, alimentando lo spettro della recessione. Dal canto suo la Cina, alle prese con i lockdown imposti dalla politica zero Covid, è costretta ad ammettere che non centrerà gli obiettivi di crescita economica per l’anno in corso.

 

Taiwan tra due fuochi?

Per Biden, proteggere Taiwan significa dimostrare che gli Usa non sono in declino. Un segnale forte per gli elettori, in vista delle elezioni di metà mandato, ma anche a livello internazionale: come dimostrato in Ucraina, Washington non accetta ribaltamenti manu militari dello status quo. Eppure non è solo per ragioni geopolitiche che l’amministrazione Biden considera Taipei un partner chiave nel contenimento di Pechino. La piccola isola, a soli 180 km dalle coste cinesi e con un Pil da paese G20, è al centro di un confronto sempre più serrato tra le due coste del Pacifico. Il ruolo delle sue aziende è infatti cruciale nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori. La Taiwan Semiconductor Manufacturing (TSMC) è il più grande produttore di chip al mondo, e in questo momento è sotto forte pressione per una domanda che supera notevolmente l’offerta. Un’industria che – secondo Bloomberg – oggi vale più di 500 miliardi di dollari. Una produzione necessaria tanto agli Stati Uniti quanto alla Cina, e terreno di un’accesa sfida strategica, tanto che nel 2020 Washington ha espressamente chiesto a Taiwan di fermare il rifornimento di chip alla cinese Huawei.

 

Una visita intempestiva?

La notizia del potenziale viaggio di Pelosi a Taiwan ha suscitato l’accesa retorica di Pechino e alimentato preoccupazioni tra i funzionari dell’amministrazione Biden sul fatto che possa trasformarsi in una vera a propria crisi. Se facesse tappa sull’isola durante il suo viaggio, Pelosi sarebbe il politico statunitense di più alto grado a recarvisi dal 1997. Una circostanza che – unitamente alle dichiarazioni poi parzialmente smentite del presidente Biden, che a maggio aveva detto che gli americani avrebbero reagito militarmente in caso di attacco cinese – basta a spiegare il clamore intorno alla visita. Se infatti le tensioni tra Pechino e Washington su Taiwan si inseriscono nell’ambito di una più ampia competizione per il controllo e l’influenza sull’Indo-Pacifico, è proprio attorno all’Isola di Formosa che si concentrano i punti di frizione. Negli ultimi mesi le sortite di caccia e bombardieri cinesi all’interno della zona di difesa aerea di Taipei si sono moltiplicate e si riconcorrono voci secondo cui Pechino potrebbe essere pronta a un’invasione su larga scala entro il 2025. Il viaggio della speaker tuttavia sembra aver messo in una situazione scomoda il presidente Biden, oltre ad aver attratto improbabili sostenitori. L’ex segretario di Stato dell’amministrazione Trump, Mike Pompeo, ha detto che, se non fosse stato bandito da Pechino, sarebbe felice “di accompagnare Pelosi a Taiwan”.

 

***

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online

Pubblicazioni

Vedi tutti

Eventi correlati

Calendario eventi
Not logged in
x